Trinko fu per 22 anni pure consigliere provinciale a Udine. Fino al 1904 il consiglio contava 50 consiglieri, poi 60; il territorio provinciale era suddiviso in 18 mandamenti, quello di Trinko era Cividale e disponeva di sei consiglieri. Il suo partito era il Partito popolare cattolico.

Alle prime elezioni del 13 luglio 1902 ottenne 1483 voti, fu secondo al dott. Geminiano Cucavaz, rappresentante dei beneciani già da 20 anni.

L’elezione di Trinko ebbe una vasta eco nei giornali di Udine, il miglior riconoscimento glielo diede la liberale La Patria del Friuli “Ieri dicevano tutti: ‘Ecco, il primo prete che entra a far parte del nostro Consiglio’ e i più sviscerati clericali lo ripetevano con l’amaro in bocca … Ma dobbiamo, per amore della verità cui La Patria è incondizionata amica, rilevare che Trinko è veramente capace e molto stimato per i suoi studi di Vienna e altrove. E’ da poco membro dell’Accademia, di cui non si può dire sia un covo di clericali. Un letterato, storico, cultore di storia patria, musicista… insomma, uno degli esponenti di cultura e un intellettuale del nostro seminario patriarcale (14 luglio 1902).

In effetti Trinko fu il primo sacerdote ad essere eletto nel Consiglio Provinciale di Udine che riuniva il fior fiore dei liberalnazionalisti friulani, compresi i massoni e gli anticlericali (nel 1911 c’erano ad esempio 17 avvocati, 19 medici, 8 nobili …).

Alle seconde elezioni del 12 giugno 1910 dovevano essere eletti tre consiglieri. Trinko ottenne 2044 voti, il suo diretto antagonista fu il  prof. Francesco Musoni di S.Pietro, dove era sindaco già da 29 anni, prima fautore dell’assimilazione, poi della pacifica coesistenza; quest’ultimo fu eletto nel 1914 (PSBL II, pp. 481-83).

Alle terze elezioni del 28 giugno 1914 dovevano essere eletti sei consiglieri. Trinko fu il terzo con 5010 voti.  Alle ultime elezioni del 10 ottobre 1920 erano nuovamente in palio tutti e sei i seggi. Trinko risultò primo con 5901 voti.

Trinko era forse il più preparato fra tutti gli esponenti cattolici friulani nel campo economico e politico-amministrativo. Conosceva le encicliche di papa Leone XIII, collaborava alle idee e alle iniziative di Don Luigi Sturzo, diede aiuto per avviare la Banca Cattolica di Udine, difendeva e collaborava alla stampa cattolica.

Durante le sedute interveniva con argomenti concreti, aveva a cuore la sua Benecia ma anche tutta la provincia di Udine. Delle sue terre di montagna parlava con affetto, partecipazione, voleva garantire loro aiuto in tutti i campi. Si prodigava per ottenere nuove strade per una migliore accessibilità degli abitanti alla ferrovia che li portava poi verso il lavoro lontano. Si interessava a una zootecnia moderna, ai pascoli, ad un’agricoltura razionale, alla frutticoltura, alle attività vitivinicole, voleva garantire alla gente delle condizioni dignitose per potersi sostenere nella terra natia senza dover andare a cercare il lavoro altrove.

Si adoperò anche per un collegamento ferroviario con la nuova linea austriaca Jesenice-Gorizia che avrebbe potuto collegare il Friuli con le regioni orientali.

Era contrario alla caccia indiscriminata che sterminava uccelli e animali utili all’agricoltura.

Si adoperò per la creazione di un ufficio del Lavoro a Udine che potesse offrire assistenza agli emigranti, ai non vedenti e ai malati mentali, che erano piuttosto numerosi nel territorio provinciale (al 31 luglio 1916 c’erano 1397 persone negli ospedali psichiatrici).

Interveniva in modo franco e chiaro anche su questioni ideologiche e nazionali, se venivano messe all’ordine del giorno.

Sentiva la sua cittadinanza italiana ma non nascondeva mai il suo senso di appartenenza alla comunità slovena.

Nel 1892 entrò in polemica con il giornale Il Friuli che in una serie di articoli volle denigrare tutti coloro che si adoperavano per il progresso culturale ed economico della Benecia. Propose l’autonomia culturale (“uno staterello a parte, completamente autonomo”).

Quando gli oppositori lo attaccarono spiegò che non intendeva una secessione, bensì un’autonomia spirituale, culturale, affinché la Benecia potesse difendere e mantenere le proprie tradizioni e anche con il sostegno delle istituzioni locali statali risollevarsi economicamente.

In seguito nel consiglio provinciale non parlò più di autonomia, si adoperò solo per il progresso economico.

Trinko fu nuovamente attaccato quando alla seduta del 8 maggio 1911 fu contrario alle celebrazioni per il 50° anniversario della proclamazione del Regno d’Italia ritenendo che ciò avrebbe potuto offendere il Santo Padre; con altri otto consiglieri si astenne dalla votazione.

Allora si intromise nella riunione del Consiglio il Prefetto e il giorno dopo i giornali udinesi attaccarono i consiglieri cattolici definiti come nemici della Patria riunificata e di Roma capitale sì da convincere l’opinione pubblica imprimendo ai consiglieri cattolici il marchio della vergogna.

I fatti di Udine sollevarono un putiferio anche a livello nazionale, si parlò addirittura di irredentismo slavo di cui sarebbero stati portatori i sacerdoti della Benecia che si sarebbero dovuti sorvegliare e punire.

Per questi motivi Trinko non fu eletto in nessuna commissione o ente e le cose cambiarono solo dopo la Prima guerra mondiale.

Alla seduta del 17 novembre 1920 Trinko fu eletto come assessore supplente, alla seduta del 5 luglio 1921 divenne assessore effettivo della Provincia. Alla seduta dell’8 agosto 1921 fu addirittura proposto come Presidente della Giunta provinciale ma ebbe un solo voto.

Fu capogruppo dei consiglieri del Partito popolare e prendeva spesso la parola dicendo  “A nome del nostro gruppo…”

L’ultima seduta del Consiglio provinciale ebbe luogo il 6 marzo 1923. Due giorni dopo il Consiglio veniva sciolto con il regio decreto n° 759.

L’operato di Trinko in seno al Consiglio provinciale e i testi dei suoi interventi sono stati trattati dal prof. Martin Jevnikar nel saggio  Ivan Trinko, pokrajinski svetovalec v Vidmu 1902-1923 /Ivan Trinko consigliere provinciale a Udine 1902-1923 (Acta Ecclesiastica Sloveniae 6, Lubiana  1984; più in breve anche in: Trinkov koledar 1983, 1984).

 

Quando dopo la Prima guerra mondiale la regione Primorska fu annessa all’Italia, i sacerdoti e i politici si rivolsero spesso a Trinko. Questi parlò di tali contatti anche in diverse lettere a Virgilij Šček. Šček trascrisse le lettere del confratello nei suoi Paberki /Spigolature, da cui successivamente attinse Marko Tavčar ripubblicandole nel saggio Ivan Trinko, posrednik med slovensko politično organizacijo in Sturzovo Ljudsko stranko/Ivan Trinko, mediatore tra l’organizzazione politica degli sloveni e il Partito Popolare di don Sturzo (Koledar Goriške Mohorjeve družbe 1990).

Già nella prima delle due lettere (24 ottobre 1920) Trinko afferma che il partito avrebbe “difeso fermamente e in tutti i sensi” gli  interessi sloveni,  che di ciò ” aveva parlato già più volte nei luoghi più indicati”, e che avrebbe messo gli esponenti sloveni del Litorale in contatto con i deputati cattolici friulani.

Il 13 gennaio 1921 suggerì a Šček una partecipazione autonoma degli sloveni alle elezioni imminenti; i deputati del Partito Popolare li avrebbero sostenuti.

Dopo le elezioni  (15 maggio 1921) Trinko il 6 giugno 1921 comunicò a Šček di aver scritto a don Sturzo con la raccomandazione dell’avv. Pettoella, segretario politico del Partito popolare per il Friuli, “una lunga lettera con informazioni dettagliate e con le espressioni più vigorose”, ma don Sturzo non rispose a nessuna delle due lettere.

Allora pregò il deputato friulano Fantoni “di andare di persona a ritirare una risposta. Niente!”

Chiese poi al segretario Pettoella di “dire a don Sturzo con parole forti e gagliarde tutto quello che gli spetta da parte mia”.

Finalmente don Sturzo scrisse a Treviso chiedendo che Trinko venisse da lui.

“Ovviamente non ci sono andato, ma ho incaricato un amico di dirgli chiaro e tondo che gli sloveni si sarebbero arrangiati da soli e che avrebbero mandato ‘al diavolo’ don Sturzo ed il suo partito”.

E aggiunge una significativa constatazione che, forse, “saranno i socialisti  a dare un aiuto a livello nazionale” nonché i deputati cattolici friulani.

I toni di questa lettera dimostrano come Trinko fosse inflessibile nella difesa dei diritti nazionali.

Più tardi l’associazione politica Edinost instaurò proficui rapporti con il Partito popolare italiano nonché con lo stesso don Sturzo e pure Trinko continuò a militare in questo partito.

 

 

Oltre all’impiego come professore di ruolo in Seminario Trinko ebbe un rapporto di lavoro al Collegio Nobili Dimesse dove fu confessore eletto dal 1901, anche se confessava le collegiali già prima.

Il compito era difficile perché “doveva ricorrere a tutta la sua intelligenza, a tutte le sue conoscenze, al suo straordinario equilibrio per poter essere la guida spirituale di una comunità nella quale alcune delle suore avevano appena preso i voti, mentre le altre  volevano continuare a vivere in solitudine ” (suor Rosalia Olanda Miazzo).

Nel 1913 cessò il suo ruolo di confessore e divenne direttore. Suo fermo principio fu che si rispettassero la volontà e la libertà di ciascuna delle religiose.

Guidò l’istituzione sia in senso spirituale che economico. Ogni mattina diceva la messa per le suore e le allieve, ritornando poi alle quattro del pomeriggio.

Insegnò catechismo alle novizie e alle sorelle, religione alle allieve del Collegio e delle scuole private.

Per il Collegio compose musica sacra, diresse il coro accompagnandolo all’harmonium. Presiedette alle riunioni  alle quali le suore sceglievano il confessore, fu presente assieme al vescovo alle sedute del Capitolo durante le quali le religiose eleggevano la madre superiora, diresse i lavori per il restauro del Collegio, seguì i lavori per la nuova cappella (1932-33).

Trinko si prodigò per la fusione delle due istituzioni delle Nobili Dimesse di Padova e Udine e a questo proposito il 18 luglio 1917 fu ricevuto in udienza dal Papa.

Nell’ottobre 1917 trasferì le suore a Padova e poi a Firenze perché nel Collegio di Udine si era insediato un ospedale militare; al ritorno aiutò a ripristinare la struttura (suor Rosalia Olanda Miazzo, Monsignor Giovanni Trinko, Trinkov simpozij v Rimu/Simposio su Trinko a Roma, pp.139-54).

 

 

Come era d’uso in Benecia, scrisse una serie di libricini corredati di note biografiche e canti per le prime messe, matrimoni e altre cerimonie, spesso con una sua nota etnografica:  A. Bankič, 1890; O posvečevanji premilostljivega g. g. – P. Antivarija, pomožnega škofa videnskega / Sulla consacrazione del  reverendissimo sig. P. Antivari (poesia, Il Cittadino Italiano 25 febbraio 1894, numero speciale); M. Zabreščak, 1895; Musoni-Velišič, 1897; Pertoldi-Franz, 1899; Della Giusta-Grassi, 1899; Della Giusta-Missaglia, 1900; Della Giusta-Levis, 1900; Božo Monkar, 1903 (ristampato in Trinkov koledar 1972, pp. 33-37); J. Domenis, 1905 (carme Videnje/Visione, ristampa in M 1923, pp. 170-72); Premilost. G. G. Berengu, bodočemu našemu pastirju/ All’illustrissimo sig. Berengo, nostro futuro pastore (Trinkov koledar 1984, pp. 55-57, ode con la versione italiana dello stesso Trinko); J. Škurj, 1907 (carme Ob novi maši/ In occasione della prima messa, ristampa in M 1923, p.173); I. Petričič, 1908; A. Birtič, 1909; Furchir-Coren, 1912; Ricc. della Torre, 1917; vescovo Fortunato de Santa, 1938; M. T. Zanutta, 1940.

Scrisse un’ampia introduzione alla raccolta di poesie di G. Ellero, Intermezzi della vita, Udine 1904.